povertà
[po-ver-tà] s.f. inv.
- 1 Condizione di chi (persona o entità collettiva) è privo di sufficienti mezzi di sussistenza o ne ha in maniera inadeguata SIN indigenza, miseria, bisogno: vivere in p. || voto di p., rinuncia al possesso di qualsiasi bene personale, attuata da alcuni religiosi
- 2 estens. Mancanza o scarsità di determinate risorse o qualità SIN penuria, limitatezza: p. di materie prime; p. di linguaggio
Questa è la parola che più ricorre nei miei pensieri. Non c’è momento in cui la vita non mi ricordi che cosa rischio. Il mio futuro è praticamente azzerato, come molte persone in questo paese allo sfascio. Non riesco più a pianificare niente, tutto è diventato una sorpresa. ” Riuscirò a fare il controllo medico?” ” Pagherò l’assicurazione?” ” Chissà quanto costa il dentista….” “Speriamo che non aumenti l’imu…”
Per molte di queste domande la risposta è spesso no, poi, non ora, vediamo, chissà.
Inadeguatezza è al momento la condizione in cui mi trovo. Inadeguata per lavorare, inadeguata per farmi una famiglia, inadeguata per una vita sociale, inadeguata per adempiere ai miei doveri di cittadina, potrei continuare per righe e righe.
La penuria dei miei mezzi mi espone continuamente a piccole e grandi tragedie quotidiane, alle quali sopravvivo con un senso dell’ironia( che non costa niente), botte di culo, rimandi e preghiere.
Per fortuna ricevo oboli da padre e zii, ma credetemi che ritrovarsi a quasi 40 anni in queste condizioni è umiliante. Certo, il mal comune e il mezzo gaudio sono sempre una consolazione, ma io non riesco a rassegnarmi. Non posso certo fare miracoli, né pretendere di trovare la pentola piena di monete d’oro alla fine dell’arcobaleno, ma sono sinceramente stanca di una vita di sacrifici e fatiche. La mera sopravvivenza non fa per me, non riesco a credere che questo sia la prospettiva dei miei anni a venire.
Non riesco a trovare soluzioni efficaci, né vie di scampo. Mi rendo conto che quelli come me aumentano ogni giorno che passa, senza poter far nulla per evitare l’impoverimento.
Quando parlo con i miei conoscenti lo scenario è triste: si fa la gara a chi ha pagato di più( tasse, spese condominiali, spese mediche ……) e anche la gara a chi non ha pagato cosa. Si tratta di persone normali, con una famiglia, con un’attività o una professione, con un lavoro dipendente.
Nessuno pretende miracoli, nessuno vuole ciò che non gli spetta. Una vita decorosa non dovrebbe essere una speranza, ma una certezza per tutti. Poi il mio pensiero va a chi già non ce la fa più, a chi non riesce più a essere alla pari con gli altri e viene lasciato indietro, dalle istituzioni in primis. Non è possibile che da tanti che siamo non si riesca a aiutare chi rimane indietro. Non posso concepire di dover vivere in un paese dove ci si volta dall’altra parte per non vedere il problema. Queste persone non sono un problema, sono esseri umani in difficoltà. Nel mio piccolo cerco sempre di aiutare come posso, magari comprando i manufatti di un’amica che perso il lavoro , invece di acquistarli in un negozio e pazienza se devo rinunciare a qualcosa a cui tenevo, di sicuro è meglio aiutare lei. Non sopporto chi mi dice: ” pensa per te che sei già piena di problemi” io voglio comunque fare la mia parte, per poca che sia.
Vorrei anche imparare a fare quel che mi ha suggerito Brezsny nel suo fantastico oroscopo: “Aumentare il tuo quoziente di gioia è il modo più sicuro per diventare una persona migliore.”
La felicità sta nelle piccole cose e quindi continuerò con i miei lavoretti, con le mie letture, con la scrittura e con la cucina, sperando che il piatto sia sempre pieno, il sorriso presente e la volontà forte.
P.S.
Dopo che ho scritto questo post ho visto il film ” Due giorni, una notte” dei fratelli Dardenne. Consiglio la visione di questo film, che parla di Sandra, che perde il lavoro a seguito di una votazione aziendale, in cui i colleghi preferisco un bonus in cambio del suo licenziamento. La ragazza ottiene di rifare la votazione e passa due giorni nel tentativo di convincere i colleghi a salvarle il posto di lavoro. E’ una tematica agghiacciante, che ben esprime la guerra fra poveri, in cui a farne le spese sono sempre gli ultimi, in una guerra senza vincitori né vinti.