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imagesIl Natale si avvicina e io sono ancora in cerca del mood giusto. Da anni non sono più schiava del consumismo sfrenato, perché i soldi sono finiti e perché io mi sono stufata di questa frenesia che non porta da nessuna parte. Vi dirò che sono pure più contenta così. Niente più corse sfrenate alla ricerca di regali inutili per tutti nei centri commerciali, caldi e asfissianti, niente più parcheggi selvaggi in mancanza di posti auto, niente più elenchi di cene natalizie che due settimane non bastavano a farle tutte, qua regna la calma più assoluta.

Ho addobbato la casa con tranquillità, vedrò chi ho voglia di vedere, mi godrò il mio alberello illuminato con un sacco di tisane calde e qualche buon libro, cucinerò due o tre cene speciali, mi godrò il tepore della casa e in un attimo sarà arrivata la Befana.

Alla fine non ho bisogno praticamente di niente, per assaporare il gusto delle feste. Qualche calice di buon vino, il liquore giusto dopo cena, una tisana speziata al mattino, un dolce fatto in casa per colazione, qualche buon film( ho già iniziato con Babbo Bastardo), delle cenette a tema, le coccole nel lettone prima di andare a dormire, la Pinella che mi ruba gli elastici  e mangia le decorazioni dei 3 pacchetti sotto l’albero, le calze morbidose ai piedi e la musica di Natale per sottofondo sono sufficienti.

In questo periodo sto riflettendo parecchio sulle miserie dell’animo umano, perché ho la sfortuna di averci a che fare quotidianamente. Sono orgogliosa di esserne immune, di avere conquistato una visione del mondo libera da catene e schiavitù, però questo non mi aiuta a capire a fondo il problema. Non riuscirò mai a comprendere le persone avide, cieche di fronte alle sofferenze di chi li circonda. A me hanno insegnato che non basta essere più buoni a Natale, bisogna esserlo tutto l’anno. Non capisco la miopia di chi non sa vedere oltre il proprio naso, passando le giornate a compatirsi e a lamentarsi, senza nemmeno vedere le fortune che ha. Certi individui sono incapaci di compassione vera, chiusi nel loro limitato orizzonte. La povertà spirituale di questa gente e la loro aridità di cuore si può leggere ogni giorno sui giornali, vedere in tv, vivere di persona nella nostra quotidianità.

Sarebbe bello trovare sotto l’albero una visione nuova del mondo, in cui c’è posto per tutti e nessuno viene lasciato indietro. Questo sarebbe un ottimo inizio, per concludere un’annata tragica e iniziarne una all’insegna della speranza e della condivisione.

Io ci proverò.

 


povertà

[po-ver-tà] s.f. inv.
  • 1 Condizione di chi (persona o entità collettiva) è privo di sufficienti mezzi di sussistenza o ne ha in maniera inadeguata SIN indigenza, miseria, bisogno: vivere in p. || voto di p., rinuncia al possesso di qualsiasi bene personale, attuata da alcuni religiosi
  • 2 estens. Mancanza o scarsità di determinate risorse o qualità SIN penuria, limitatezza: p. di materie prime; p. di linguaggio

Questa è la parola che più ricorre nei miei pensieri. Non c’è momento in cui la vita non mi ricordi che cosa rischio. Il mio futuro è praticamente azzerato, come molte persone in questo paese allo sfascio. Non riesco più a pianificare niente, tutto è diventato una sorpresa. ” Riuscirò a fare il controllo medico?” ” Pagherò l’assicurazione?” ” Chissà quanto costa il dentista….” “Speriamo che non aumenti l’imu…”

Per molte di queste domande la risposta è spesso no, poi, non ora, vediamo, chissà.

Inadeguatezza è al momento la condizione in cui mi trovo. Inadeguata per lavorare, inadeguata per farmi una famiglia, inadeguata per una vita sociale, inadeguata per adempiere ai miei doveri di cittadina, potrei continuare per righe e righe.

La penuria dei miei mezzi mi espone continuamente a piccole e grandi tragedie quotidiane, alle quali sopravvivo con un senso dell’ironia( che non costa niente), botte di culo, rimandi e preghiere.

Per fortuna ricevo oboli da padre e zii, ma credetemi che ritrovarsi a quasi 40 anni in queste condizioni è umiliante. Certo, il mal comune e il mezzo gaudio sono sempre una consolazione, ma io non riesco a rassegnarmi. Non posso certo fare miracoli, né pretendere di trovare la pentola piena di monete d’oro alla fine dell’arcobaleno, ma sono sinceramente stanca di una vita di sacrifici e fatiche. La mera sopravvivenza non fa per me, non riesco a credere che questo sia la prospettiva dei miei anni a venire.

Non riesco a trovare soluzioni efficaci, né vie di scampo. Mi rendo conto che quelli come me aumentano ogni giorno che passa, senza poter far nulla per evitare l’impoverimento.

Quando parlo con i miei conoscenti lo scenario è triste: si fa la gara a chi ha pagato di più( tasse, spese condominiali, spese mediche ……) e anche la gara a chi non ha pagato cosa. Si tratta di persone normali, con una famiglia, con un’attività o una professione, con un lavoro dipendente.

Nessuno pretende miracoli, nessuno vuole ciò che non gli spetta. Una vita decorosa non dovrebbe essere una speranza, ma una certezza per tutti. Poi il mio pensiero va a chi già non ce la fa più, a chi non riesce più a essere alla pari con gli altri e viene lasciato indietro, dalle istituzioni in primis. Non è possibile che da tanti che siamo non si riesca a aiutare chi rimane indietro. Non posso concepire di dover vivere in un paese dove ci si volta dall’altra parte per non vedere il problema. Queste persone non sono un problema, sono esseri umani in difficoltà. Nel mio piccolo cerco sempre di aiutare come posso, magari comprando i manufatti di un’amica che perso il lavoro , invece di acquistarli in un negozio e pazienza se devo rinunciare a qualcosa a cui tenevo, di sicuro è meglio aiutare lei. Non sopporto chi mi dice: ” pensa per te che sei già piena di problemi” io voglio comunque fare la mia parte, per poca che sia.

Vorrei anche imparare a fare quel che mi ha suggerito Brezsny nel suo fantastico oroscopo:  “Aumentare il tuo quoziente di gioia è il modo più sicuro per diventare una persona migliore.”

La felicità sta nelle piccole cose e quindi continuerò con i miei lavoretti, con le mie letture, con la scrittura e con la cucina, sperando che il piatto sia sempre pieno, il sorriso presente e la volontà forte.

P.S.

untitledDopo che ho scritto questo post ho visto il film ” Due giorni, una notte” dei fratelli Dardenne. Consiglio la visione di questo film, che parla di Sandra, che perde il lavoro a seguito di una votazione aziendale, in cui i colleghi preferisco un bonus in cambio del suo licenziamento. La ragazza ottiene di rifare la votazione e passa due giorni nel tentativo di convincere i colleghi a salvarle il posto di lavoro. E’ una tematica agghiacciante, che ben esprime la guerra fra poveri, in cui a farne le spese sono sempre gli ultimi, in una guerra senza vincitori né vinti.


Questo è il consiglio che ultimamente seguo di più. Come ho accennato nel post precedente (https://aspettandolalbaa.wordpress.com/2014/10/06/sono-tornata/ ), il nonno Guido mi ha lasciato in eredità questo motto e ora più che mai ne faccio tesoro. Quando non hai risorse, devi arrangiarti con quello che hai. Quando hai poco, devi per forza cercare di conservare quel poco che ti è rimasto.1900119_674674222601516_7833455806755643550_n

Purtroppo viviamo in una società dove i soldi sono necessari, cosa che mi urta non poco. Non sono mai stata legata al vile denaro, non vi ho mai prestato importanza. Se ce n’era, bene, se mancava, amen. Essendo di umili origini, mi sono sempre arrangiata, garantendomi una vita decorosa. I problemi sono sorti con questa maledetta crisi, che non perdona chi già povero è e non permette più alla sola inventiva di trovare soluzioni adeguate. Non è facile stare al passo in un paese come il nostro, dove gli esborsi per mantenere uno stato sanguisuga aumentano esponenzialmente e non sono direttamente proporzionali con le proprio entrate, anzi, direi proprio l’opposto.

Così mi arrangio con quello che ho, concedendomi pochissimi lussi, ma meritati: un libro nuovo cui tengo davvero, prendendo in prestito gli altri meno importanti, oppure  comprando una camicina nuova a un prezzo equo(dopo 2 anni di astinenza), riadattandone altre 4 nell’armadio se ci entro ancora. Regalo alle amiche le cose che purtroppo non posso più mettere, ricevo cose che posso riutilizzare( vedi la mia bellissima tenda nuova regalatami da Giuliana e le scarpe quasi nuove per Riccardo). Modifico cornici usate, dipingendole e creando dei portacollana, recupero preziosi vasetti di vetro per le conserve, uso le verdure dell’orto che mi donano, mi pianto il basilico in balcone, bevo l’acqua del rubinetto, sto attenta al consumo dell’energia e dell’acqua stessa. Mi sento di fatto più leggera e meno vincolata alle regole del consumismo. Meno ho e meglio sto.

Non sono schiava delle mode e quando scelgo di comperarmi qualcosa, lo faccio perché lo voglio davvero e mi serve. Ci tengo, insomma.  E mi gusto di più le mie piccole conquiste. I rari acquisti diventano una scelta e non un momento in cui sfogare compulsioni e stress. Non dovendo colmare vuoti emotivi, evito spese inutili e mi godo quel poco che guadagno.  Creo anche cose senza spendere un euro e, devo dire, ne ho gran soddisfazione. Alla domanda ” ti manca qualcosa?” non saprei cosa rispondere. Frivolamente potrei rispondere: “un paio di Louboutin”, seriamente mi rendo conto che non ho bisogno di nulla a parte ciò che ho già. Solo dei libri nuovi, ecco cosa vorrei, perché la sete di sapere non è mai sazia.

Anche  le uscite sono rarefatte, perché si esce  a cena solo se merita veramente, altrimenti si produce a casa ciò che si desidera: il sushi casalingo migliora di volta in volta, le cene tematiche sono un vero risparmio. Guadagno in qualità e quantità e sono felice. Certo, mi stanco a cucinare tutto, ma la passione per la cucina mi ripaga degli sforzi fatti.

Forse rimane una cosa, difficile da compensare senza denaro: i viaggi. Se ne fanno pochissimi e così anche un pomeriggio a Novara può diventare un piccolo tour alla scoperta del centro storico.

L’unica cosa, cui porre rimedio senza spendere un euro è difficile,  è la salute, ma questo è un altro discorso che forse diverrà un prossimo post.

Per ora va bene così. Se ce la faccio, bene. Se devo fermarmi, mi riposo, anche perché non ho alternative. Una vita lenta, dopo anni frenetici, avrà molto da insegnarmi. Se solo anche la società capisse che i tempi sono cambiati, ne sarei lieta e mi sentirei meno emarginata, ma vivo in Italia e i miracoli ancora non li ha fatti nessuno.

 

 

 

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