Archivio degli articoli con tag: sofferenza

In questi giorni ho avuto modo di pensare a un sacco di cose. Vorrei avere la leggerezza di chi può esclusivamente dedicarsi alla festa di Halloween e divertirsi, ma proprio non ce la faccio. Sono riuscita a comprare solo la pasta con i fantasmini alla Lidl e i marshmellows a pipistrello  per i bimbi che suonano i campanelli, visto che l’hanno scorso mi sono dimenticata e non avevo una mazza in casa, non mangiando caramelle. Mi sono sentita inetta e quest’anno ho rimediato: dieci a uno che stavolta non passerà nessuno e se li mangerà tutti Riccardo!

Sarà che quando non sto bene perdo la voglia di ridere e scherzare, da tanto sono spossata, ma questa settimana mi sembra durissima.

Non reggo nulla, non riesco a fare nulla, non mi va bene niente. Riccardo direbbe: ” E che differenza c’è dagli altri giorni?” 😀

La verità è che sto diventando insofferente. Non ho più voglia né di adattarmi né di portar pazienza. La tolleranza è sempre stata il mio tratto distintivo, ora invece non sopporto più nulla e non riesco più a passare sopra alle idiozie e alle scemenze che sento. Mi viene un disagio fisico, nel sentire certe stupidate, tanto da rendermi pure antipatica.

Il risultato è che spesso mi isolo. Sì, perché mi capita di trovarmi in situazioni per me sofferte o costrette e dentro di me parte un piccolo film: all’ennesima stronzata io dico quello che penso, tutto, senza pietà e senza freni e si scatena il putiferio. Ovviamente taccio, e il più delle volte proprio evito di esserci.

Sì, perché una parte collerica l’ho sempre avuta e tenuta a bada, ora pare che questa parte di me non si accontenti più del silenzio e cerchi la rissa. Il vaso sta tracimando e io cerco di contenerlo usando un cucchiaio da tè.

Non parliamo poi di quando leggo i giornali, perché lì si scatena la belva che è in me. E’ senza senso quello che il bamboccio dichiara quotidianamente. Mi sembra di vivere in una democrazia fantoccio, in cui pochi stanno decidendo cose insensate, affossando un paese intero. Si circonda di giovani minestre, che ora fa tanto trendy e politically correct, fa loro recitare la poesiola e intanto sforna una legge di stabilità raccapricciante. Convoca la gente alla Leopolda, fa il suo show glamour e smart al punto giusto ( che manco Berlusconi nei tempi migliori) e nemmeno ascolta il milione di persone in piazza con i sindacati. L’unica soddisfazione è vedere che quel che rimane del Pd “sano” si sta svegliando, chissà mai che riescano a creare una vera opposizione, tralasciando per una volta i loro barbosissimi discorsi sulle ideologie e passando, finalmente, ai fatti e alle proposte sensate e concrete.

E’ un autunno di fuoco che mi metterà a dura prova, prego il Signore di darmi ancora un po’ di pazienza.

 

 


Ci sono giornate grigie come queste, in cui non riesco a sorridere, soprattutto quando leggo le notizie, soffermandomi sull’ennesimo suicidio degli ultimi giorni.
In poche settimane due persone si sono buttate dal ponte della tangenziale di Biella.
Ho una domanda in testa, che non riesce a trovare una risposta.
Cosa ci fa perdere ogni speranza? Qual è il punto di non ritorno, dal quale non si torna indietro?
Quale che sia la motivazione di queste due persone, non ci sono parole per esprimere il dolore per notizie simili.
Rinunciare alla vita significa arrendersi, dichiarare che non si ha più la forza di andare avanti. E’ una resa inaccettabile che ci deve far riflettere su quanto sia importante il nostro posto qui. Rinunciare al presente e al futuro, abbandonando i propri cari, gli affetti, non ha altro significato che una resa totale senza speranza.
Quando viene a mancare la speranza, la vita non ha più senso. Se non si riesce a vedere un orizzonte, una luce in fondo al tunnel, è difficile trovare le forze per fare un passo dopo l’altro e continuare a farne, cercando di arrivare alla fine.
La fatica ha il sopravvento e ogni respiro diventa affanno. Il dolore diviene troppo forte e lenirlo sempre più arduo. L’unico modo per farlo cessare, sembra essere la rinuncia a tutto, il non sentire più niente.
Chissà se si poteva evitare? Chissà se chi era loro vicino si è accorto delle loro intenzioni?
Manifestavano i loro problemi o li tenevano dentro di sé, perché parlarne aggiungeva dolore al dolore?
Una vita persa, svanita in pochi secondi, il tempo della caduta verso l’ignoto.
Lo strazio di chi rimane non ha parole per essere raccontato.
L’impotenza di fronte a un gesto irreversibile che porta alla morte lascia una ferita che sarà arduo rimarginare.
Chi decide di suicidarsi ha un coraggio che pochi hanno. Il coraggio di fermare qualcosa che sembra inarrestabile, che segue il corso indipendentemente da tutto. Fermare la vita, dirle di no è qualcosa di impensabile per la maggior parte di noi. Per alcuni, con disperazione, diventa un modo di dire “ non ci sto più, sono esausto, io mi fermo qui.”
Certo, è un gesto irragionevole, il gesto di chi non ha capito che c’è sempre tempo, c’è sempre spazio per noi in questa vita.
Al contempo può sembrare una vigliaccheria, un lasciare chi resta al proprio destino, ignorando la loro presenza e fuggendo dalle proprie responsabilità.
Io l’unica cosa che vedo e che sento è il dolore, un dolore sordo e muto che non ha trovato parole per esprimersi e farsi ascoltare.
Che riposino in pace.


Parlerò spesso, questa settimana, di endometriosi.

E’ detta la malattia del silenzio, perché poco conosciuta, sia dai medici, sia dalle persone. Io stessa, prima di ammalarmi nemmeno sapevo cosa fosse.

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Ovvio che una persona sana non sia tenuta a conoscere tutta l’enciclopedia medica, ma essendo ahimè molto diffusa, sarebbe utile che se ne parlasse di più. Molte donne ne soffrono già da ragazzine e si tengono dolori allucinanti per decenni prima di arrivare a una diagnosi, per questo si è creata la settimana della consapevolezza. Il famoso detto: “ è normale che tu stia male quando hai il ciclo, non lamentarti” deve essere ridimensionato. Io, da giovane, non mai avuto male quando avevo le mestruazioni ed è giusto che sia così. Dove sta scritto che sia normale soffrire tutti i mesi?

E’ giusto arrivare a una diagnosi dopo 9 anni( media nazionale)? Io sono stata fortunata e brava: 7 e ce l’ho fatta. Per caparbietà, con ostinazione, perché sapevo di essere malata. Non mi arrendevo al fatto di non trovare un medico che mi ascoltasse veramente, che capisse i miei segnali. Noi siamo i primi medici di noi stessi, siamo noi che capiamo quando qualcosa non va.

Piccola premessa: prima di ammalarmi io ero la persona più sana che conoscessi.

Non ho nemmeno fatto tutte le malattie infettive! Zero carie ai denti, no appendicite, no tonsille! Ciclo indolore, come se non ci fosse. Qualche influenza in due decenni, solo qualche malessere psicosomatico dovuto agli stress quotidiani. Vita sana, sport, yoga, alimentazione abbondante e curata, magra e in perfetta forma.

Mi vedeste adesso non credereste alla descrizione precedente.

Pure io fatico a riconoscermi, certe mattine mi alzo e allo specchio vedo un’altra me. I chili in più sono stati i più facili da accettare, perché ho capito che anche digiunando, in menopausa, ingrassi. Mi muovo per quanto posso, perché la stanchezza cronica e i dolori mi han fatto dire addio alle attività precedenti, e mi ritrovo con dei polpacci e dei glutei che sembrano quelli di un calciatore. E sopra, un sottile strato di ciccia, come il burro spalmato su una bella fetta di pane.

Burrosa, morbida, comoda, prosperosa, formosa, curvilinea,sono diventati i miei aggettivi preferiti.

Sono passata da una seconda a una quarta coppa c, mi verrà la gobba per tutto questo peso davanti. Non chiudo più una giacca, di quelle che hai pagato milioni di dollari e ti aspettano fiduciose nel tuo armadio, perché non sanno che l’endometriosi non ti abbandona e tu le puoi indossare qualche mese ogni tanto, quando ti tolgono le odiate pillole e ti sgonfi il giusto per farti un giro nell’armadio e ricordarti chi eri. 🙂

Accettare che da superattiva  bisogna passare alla fase bradipo è molto difficile.

Accettare che in certi giorni o ti dopi di aulin e antinfiammatori o non vai da nessuna parte è durissima.

Accettare che se trascorri una giornata densa di impegni, faticosa, il giorni dopo avrai 38 di febbre fisso e non ti muoverai dal letto è svilente.

Accettare che, anche se hai organizzato qualcosa, non potrai farlo perché lei ha deciso per te e te ne dovrai stare tranquilla.

Molte malate di endometriosi, per fortuna, stanno bene, non sono invalidate nelle loro attività.

Io non faccio parte di quella categoria e vivo nel terrore di riuscire a fare sempre meno.

Il lavoro è già un’utopia, pensate cosa vuol dire trovarne uno e assentarsi  spesso, a causa dell’endo.

Vogliamo poi parlare del capitolo maternità?

Ferita dolorosa comune a molte di noi, per me una vera spina nel fianco. Non si può spiegare cosa vuol dire perdere anche la naturalità di quel momento speciale, tutto nostro, dell’universo donna.

Molte malate di endometriosi affrontano un percorso complesso per arrivare a coronare il sogno di diventare mamma.

Diventare mamme si può, spesso, e il percorso non è semplice. Aiuta anche, pare, la gravidanza, quindi occorre trovare un bravo medico che ti segua e ti aiuti a realizzare il progetto famiglia.

Ecco, più che una malattia a me sembra di aver vinto un microcosmo di malanni.

Indietro non si torna, fermi non si può stare, avanzare è durissima.

E’ così. Si allarga l’orizzonte, si diventa più attente, si ascolta tutto e si procede. A volte scherzandoci su, a volte incazzandosi, ma si va avanti.

L’importante è avere vicino qualcuno che ci ascolti.

 

 


I regali belli aiutano a sopportare quelli brutti, quelli che ti arrivano tra capo e collo, proprio quando pensi che vada tutto bene. Oddio, non mi è mai capitato di pensare che andasse veramente tutto bene, mai. Non so dare una spiegazione, però c’è sempre stata una nota stonata, un qualcosa fuori posto, un particolare scentrato.

Il mio atteggiamento è sempre stato quello di pensare positivamente, ignorare le brutture lungo il cammino, cercando di sorridere sempre con la speranza nel futuro e nelle mie capacità.

Questa settimana era così contenta: il compleanno, i regali, le sorprese, le cene, San Valentino che mi ha fatto tornare ragazzina.

La sera di San Valentino non mancava nulla: una bella cenetta romantica, un bel ragazzo con gli occhi a cuore, un menù studiato ad hoc, una bolla da bersi in due, la mousse di cioccolato fondente fatta in casa.

Certo, nel pomeriggio mi sentivo stanca, ma ormai per me il sentirsi stanca è la norma, soffrendo di endometriosi. Dopo un po’ ti abitui, vuoi fare una cosa e dopo poco ti accorgi che non ce la fai e rimandi. E’ la malattia del “ lo faccio domani”.

Beh, me ne vado a letto serena e contenta. Dopo serate così belle capita che io riesca anche a dormire abbastanza bene, magari mi sveglio solo due volte( una per la pausa pipì!). Avrei dovuto capirlo subito, quando ho aperto gli occhi dopo le 5 del mattino: niente pipì, occhi appiccicati senza motivo, una strana sensazione di torpore mai provata prima.

Lì entri in allarme, perché quando sei malata cronica ti abitui a ignorare tanti segnali inutili e a controllare quelli anomali.

Lì, nel letto, mi sono detta che qualcosa non andava.

In una manciata di ore ho trascorso un simpatico calvario: mi si sono infiammate spalle, sterno e braccia. Cosa poteva essere, visto che non ho il ciclo questa settimana? Dolori brucianti, costanti, in crescendo.

Alle 9 passate del mattino finalmente riesco a alzarmi e vado a cercare su google cosa possa essere, da diligente malata cronica quale sono. E cosa trovo, tra le malattie  a volte correlate all’endometriosi? La fibromialgia. Caso vuole che una vicina di casa ne soffra: vuoi non andare a confrontarti con un’altra malata cronica come te?

Solo chi ha una malattia cronica può capire quel che scrivo e riderne come faccio io: il malato cronico vive nel terrore di nuovi sintomi, anche se non lo confesserebbe nemmeno sotto tortura! E’ costante nelle cure, salvo i momenti di ribellione in cui sesso droga e rock and roll prendono il sopravvento; parla poco con gli sconosciuti di ciò che lo affligge, per paura di passare per malato immaginario; si documenta su internet, è iscritto alle associazioni e gruppi di sostegno, si confronta con i malati come lui. Insomma, un mondo di carbonari che condividono link, elenchi di medici in e out, ricette fai da te, cure alternative, successi e insuccessi.

Beh, dopo un piccolo confronto di sintomi e patologie: a te capita questo? A me viene questo! E ti è mai venuto quello? E  quell’antinfiammatorio  l’hai provato? Toh, ne ho in borsa,, provalo, è una manna dal cielo. I tossici dell’antinfiammatorio e dell’antidolorifico, ecco cosa si diventa. Li si dosa, aspettando il momento dell’apice del dolore per concederseli, se uno non ci ridesse su, sarebbero solo lacrime.

Ora che l’episodio doloroso è passato e me ne sono uscita di casa della Pina con un “ prenota il reumatologo, una visita in più che vuoi che sia.”, sono al punto di prima. Sentirò il mio ginecologo che mi dirà le stesse della Pina e via, nuova prenotazione, o peggio ancora, nuova laparoscopia. Se penso a quante visite in più ho fatto, penso che potrei comprarmi tranquillamente una borsa di Prada e una di Tod’s. Questo non fa che accrescere la mia insoddisfazione: avessi un’esenzione, avrei un meritato bauletto di Tod’s turchese Capri limited edition comprato all’outlet. E invece no! Paga le visite!!

Bene, è domenica mattina, l’enoteca mi aspetta: almeno passerò una bella giornata coni miei vicini di rua al Ricetto di Candelo. C’è  pure la fagiolata sociale!! E chi ci ammazza!!!!( tralasciamo il fatto che i legumi al mio intestino martoriato non fan tanto bene, idem il nichel che contengono: vaffanzum, oggi voglio trasgressione allo stato puro!!!!!).

E fagiolo sia. 3:)

P.S:

http://www.apeonlus.com/ :  fateci un giro se volete, o cercatelo su facebook, così capirete qualcosa in più di questa malattia bislacca: https://www.facebook.com/home.php#!/groups/35525533524/

P.P.S:

Ovviamente ho finito il post di domenica sera, vi lascio l’immagine delle mie bellissime ciabattine , quelle della “seconda casa”, come la chiama la zia Adele!

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le morbidose ciabattine ❤

Vita Senza Nickel

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EcoAlimentarsi

Alimentazione Consapevole

Marialucia Lorefice

Presidente XII Commissione Affari Sociali. "In Parlamento portavoce degli Italiani"

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Quello che leggi qui è tutto autobiografico. Soprattutto le cose inventate.

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